FED, POTREBBE TAGLIARE I TASSI?
Fanno riflettere le parole di Bill Dudley della scorsa settimana, l'ex governatore della Fed di New York ha appunto ribadito come sia effettivamente rischioso non tagliare i tassi ora in quanto potrebbero aumentare i rischi di recessione in Usa. Parole pesanti che confermano le tesi secondo cui l'economia Usa é in peggioramento, in netta controtendenza con quanto invece affermano Powell e i recenti dati di "facciata" che confermerebbero proprio l'economia americana come forte e resiliente, vedi il Pil e l'inflazione. Osservando i dati Dudley sembra avere tutte le ragioni per affermare quanto dice, in primis possiamo considerare l'aumento costante del tasso di disoccupazione, il recente peggioramento tendenziale delle richieste di sussidi di disoccupazione che confermano proprio un peggioramento del mercato del lavoro, l'ennesima revisione dei Nonfarm payrolls in negativo (ben 13 revisioni in negativo sugli ultimi 16 data-release). Molti dubbi arrivano proprio dagli ultimi dati che spingono contro un taglio dei tassi, come ad esempio l'inflazione che rimane a ridosso del 3% e che viene misurata in netto calo dalla societá Truflation, societá che si occupa di calcoli econometrici proprio sull'inflazione Usa. Secondo truflation l'inflazione sarebbe ben al di sotto del 2%, quindi il rientro nei target sarebbe giá stato raggiunto considerando i prezzi aggiornati giorno per giorno con un'analisi del campione di dati nettamente superiore a quella del BLS. Anche il recente dato sul Pil che ha visto un aumento incredibile al 2,8%, un dato che ha lasciato molte perplessitá considerando che la spesa dei consumatori, che pesa circa 3/4 del Pil, é in netto calo. Al di lá di queste considerazioni di stampo macroeconomico che di fatto non confermano assolutamente quanto detto da Powell, le probabilitá di un taglio tassi misurate dal CME con il FedWatch Tool sono per oltre il 90% a favore dei tassi fermi per questa riunione. Per settembre il taglio é invece una certezza considerando il fatto che le probabilitá dei tassi fermi sono letteralmente sparite dal calcolo, mentre vengono prese in considerazione le ipotesi di taglio allo 0,5% e allo 0,75%, seppur ancora basse rispetto ad un taglio dello 0,25%. L'interrogativo principale sará quindi quello relativo al taglio di settembre, non tanto sulla sua effettiva realizzazione, quanto piú sull'entitá dello stesso.
BOE AL TAGLIO TASSI
La Bank of England é la banca centrale che presenta le condizioni ideali per un taglio dei tassi. Disoccupazione in aumento da fine 2023, inflazione che ha raggiunto il target del 2% e un tasso di interesse altissimo al 5,25%. La differenza tra tassi di interesse e inflazione é la piú alta che abbiamo all'interno delle economie occidentali, un gap che accedemicamente parlando deve riportarsi verso lo 0%, un gap che ora si trova appunto al 3,25%. La BoE quindi, il 1 agosto dopo la Fed, con ampia probabilitá taglierá i tassi pertanto i mercati finanziari si troveranno di nuovo di fronte ad un'altra banca centrale che sta tagliando i tassi. Non tagliare i tassi sarebbe una mossa assolutamente sorprendente visti i numeri, una mossa che potrebbe poi richiedere spiegazioni e giustificazioni dalla stessa BoE, pertanto una mossa al limite dell'irrealizzabile.
DATI EUROPEI
Inflazione prevista al ribasso dal 2,6% al 2,3% e Pil Q2 previsto in aumento dallo 0,4% allo 0,6%. Numeri non entusiasmanti quelli dell'Europa che vedono un'economia ancora debole ma allo stesso tempo in piena occupazione, una contraddizione vera e propria. Qualcosa non torna in un'economia che ha dei tassi ancora molto alti e presenta una disoccupazione in diminuzione, ai minimi dal 1995, con un Pil letteralmente a ridosso dello 0%. La confusione é palese, cosí come sembra confusionaria la presidente Lagarde nelle sue conferenze stampa, in merito ricordiamo la conferenza del primo taglio tassi avvenuto in seguito ad un netto miglioramento dei dati, dopo che la stessa Lagarde ha sempre affermato che avrebbe tagliato qualora i numeri e i dati fossero peggiorati (approccio "Data-Dependent). La macroeconomia viene in nostro soccorso e dobbiamo considerare quindi il fatto che con i tassi di interesse alti, in coincidenza di una diminuzione dell'inflazione, é molto improbabile vedere una diminuzione del tasso di disoccupazione, cosa che invece é avvenuta. Questo vuol dire che probabilmente sará proprio il tasso di disoccupazione europeo ad aumentare nel corso dei prossimi mesi, con conseguente ulteriore diminuzione dell'inflazione molto probabilmente ben al di sotto del target previsto. Al momento peró gli occhi sono puntati sulla Fed.
I MERCATI STANNO CAMBIANDO
I mercati europei, quindi Dax, Ftse Mib, Cac40, non riescono a superare i massimi di marzo, sono oramai passati quasi 5 mesi e non si riesce piú a salire. In Giappone il Nikkei capitola del 12% in due settimane, Nasdaq aggiorna due record negativi con due giornate oltre il -3%, situazione che non si presentava dal dicembre 2022. Stesso dicasi per S&P500 che registra una performance giornaliera di oltre il -2%, evento che non si vedeva dal 2022. Conseguenza di ció, abbiamo un aumento del Vix, l'indice della volatilitá che torna verso 20, un evento che potremmo definire come allarmante considerando il fatto che proprio il Vix non torna sul livello 48 da ben 53 mesi, un record assoluto. In sostanza, i mercati stanno cambiando, le dinamiche giornaliere sono assolutamente piú vivaci rispetto ai mesi precedenti e rispetto anche a tutto il 2023. Stanno aumentando quindi i timori circa la correlazione tra disoccupazione, tassi e mercati. Quando abbiamo assistito ad un aumento del tasso di disoccupazione e ad un contemporaneo taglio dei tassi, i mercati finanziari hanno presentato dinamiche ribassiste che sono durate mesi. Attenzione quindi ad interpretare questi movimenti ribassisti come dei semplici ritracciamenti in quanto potrebbero essere solamente l'inizio di un movimento di mercato tendenzialmente ribassista nel lungo periodo.
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