15:04 · 13 ottobre 2025

La Francia sull'orlo del baratro?

Punti chiave
Punti chiave
  • Il nuovo governo francese di Lecornu affronta immediatamente turbolenze politiche, con numerose mozioni di censura e una fragile maggioranza trasversale.
  • Il bilancio 2026 mira a ridurre il deficit al di sotto del 5% del PIL, in un contesto di debito in forte crescita, rendimenti obbligazionari elevati e sfiducia dei mercati.
  • Intrappolata tra prudenza fiscale e paralisi politica, la Francia rischia di scivolare dall’instabilità verso una crisi sistemica.

La decisione di confermare Sébastien Lecornu come Primo Ministro, alla guida di un governo ampliato che include sei ex membri dei Républicains (destra) e otto alti funzionari pubblici, non contribuisce a ridurre il profondo senso di instabilità che grava sulla vita politica francese. Appena formato, questo secondo governo Lecornu si trova già ad affrontare la duplice minaccia di mozioni di censura: La France Insoumise (estrema sinistra) e il Rassemblement National (estrema destra) ne hanno presentata una ciascuno, mentre il Partito Socialista (sinistra) sta valutando di introdurne una terza dopo la presentazione dei bilanci dello Stato e della Sicurezza Sociale prevista per martedì.

Il Consiglio dei Ministri inaugurale, previsto per le 10 di domani, rappresenterà il vero battesimo del fuoco per un esecutivo sotto intensa pressione. Il disegno di legge finanziario e il disegno di legge sul finanziamento della Sicurezza Sociale saranno presentati lì prima di essere sottoposti all’Assemblea Nazionale. Per motivi di tempo, il testo sarà identico alla versione inviata il 2 ottobre al Consiglio Superiore delle Finanze Pubbliche. Si tratta di un bilancio di continuità, con pochi margini di manovra, che riflette sia vincoli politici sia pressioni di mercato.

Ufficialmente, il governo mantiene l’obiettivo di ridurre il deficit pubblico al di sotto del 5% del PIL entro il 2026, confermando il target europeo del 3% entro il 2029. Ma il percorso verso questo obiettivo è diventato più arduo: la crescita è stata rivista al ribasso all’1% e ogni decimo di punto percentuale di deficit aggiuntivo grava su un debito già superiore al 114% del PIL. Nell’attuale contesto, con i rendimenti dei titoli di Stato francesi (OAT) al 3,470% e lo spread con il Bund tedesco a 0,844%, anche un piccolo errore di bilancio potrebbe riaccendere le tensioni sui mercati del debito sovrano.

Il bilancio Lecornu è plasmato dalla necessità di contenimento. Si prevedono sei miliardi di euro di risparmi grazie a riduzioni nei costi operativi dello Stato e nei trasferimenti sociali. Il Primo Ministro ha rinunciato a misure controverse, come l’abolizione di due festività pubbliche proposta da François Bayrou, ma mantiene un fermo impegno a ridurre il tenore di spesa dello Stato.

Sul fronte fiscale, Sébastien Lecornu ha escluso la “tassa Zucman” richiesta dalla sinistra, optando invece per una “tassa sui patrimoni finanziari” detenuti da holding familiari, misura destinata a generare tra 1 e 1,5 miliardi di euro. Prevede inoltre di mantenere il contributo differenziale sui redditi elevati e di ridurre l’imposta sul valore aggiunto delle società, per un costo stimato di 1,1 miliardi di euro. Altri aggiustamenti includono una modesta riduzione dell’imposta sul reddito per le coppie a basso reddito e una deduzione forfettaria rivista per i pensionati più abbienti.

In materia di politica sociale, il Primo Ministro ha aperto alla sospensione parziale della riforma delle pensioni: una richiesta chiave dei Socialisti. Tuttavia, resta impegnato a ridurre la spesa sanitaria, in particolare raddoppiando i ticket medici e restringendo i limiti sulle assenze per malattia. Il cosiddetto “anno bianco”, che congelerebbe stipendi e benefici dei dipendenti pubblici, verrebbe rinnovato, mentre è allo studio un aumento mirato delle pensioni femminili.

Questo mosaico di misure riflette l’atteggiamento difensivo di un governo in modalità sopravvivenza. Combinando disciplina fiscale, concessioni fiscali selettive e politiche sociali caute, l’amministrazione spera di contenere la sfiducia dei mercati senza provocare l’ira pubblica. Ma non si tratta più di un’agenda economica: è una strategia di ultima istanza.

La crisi francese non è più solo fiscale; è diventata sistemica. La maggioranza presidenziale, ampliata artificialmente con fragili alleati, fatica a nascondere l’erosione del centro politico. Le imminenti mozioni di censura potrebbero aprire la strada allo scioglimento dell’Assemblea Nazionale nelle prossime settimane: un passo rischioso ma sempre più inevitabile per ristabilire una legittimità in declino.

Intrappolata tra instabilità politica, fragilità finanziaria e stanchezza democratica, la Francia avanza sul bordo dell’abisso. “Too big to fail”, deve ora dimostrare di essere ancora in grado di governare, riformare e convincere. Altrimenti rischia di diventare una democrazia sospesa tra l’impazienza dei mercati e la stanchezza dei cittadini.

Finché la politica si limiterà a gestire le crisi anziché superarle, la Repubblica resterà sul ciglio della rottura.

Matéis Mouflet, Analista di Mercato, XTB


 
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